Modifiche all'alimentatore ATX (1)

Avevo un alimentatore ATX in più e non sapevo cosa farci, poi ho cercato un po' su internet scoprendo che in molti lo avevano modificato per ottenere un ottimo alimentatore da laboratorio.

Il primo problema era capire come accenderlo: googlata di trenta secondi per capire che è sufficiente portare a massa il filo verde (PS_ON, nello schema a fianco). A questo punto si ha già un alimentatore che sembra funzionare quasi come previsto e già ci potremmo fermare. Googlando un altro po' mi sono letto diversi siti ed ho aperto l'alimentatore per vedere un po' com'era fatto scoprendo che con poche saldature è possibile migliorarlo e che con un'estrema maestria (non è il mio caso) è possibile ottenere un super alimentatore addirittura a tensione variabile (vedere i link in fondo).


Uscite stabilizzate

L'alimentatore ATX in mio possesso monta un regolatore switching di tipo IR3M02 compatibile con il più famoso TL494. Entrambi sono regolatori di tensione a 5 volt ottenuta sul secondario, multipresa di un trasformatore. Dalle altre prese del trasformatore escono le altre tensioni tipiche di un ATX: +12V, -12V; -5V. Queste tensioni non sono direttamente stabilizzate. Il loro valore viene dato per buono conseguentemente alla stabilizzazione dei +5V. Con l'uscita +5 a vuoto (nessun assorbimento di corrente), misuro +11.28V sull'uscita +12. Caricando l'uscita +5, la tensione sull'uscita +12 aumenta per via dell'azione del regolatore switching sul canale a 5V. Ini queste condizioni, l'unica uscita veramente stabilizzata è la +5.

Volendo utilizzare l'uscita +12 è necessario stabilizzarla ingannando il regolatore e rinunciando alla stabilizzazione dell'uscita +5. Sul pin 1 dell'integrato IR3M02 è collegato, attraverso una resistenza, un feedback della tensione dell'uscita +5. Ho eliminato questo feedback tagliando un ponticello e ho portato sul pin 1 un feedback "mascherato" dell'uscita +12. Inserendo un diodo zener da 7.5V nel percorso del feedback avrò in uscita una tensione di 5V + 7.5V = 12.5V. Io, avendo uno zener da soli 6.8V ho aggiunto in serie ad esso un diodo (1N4001) polarizzato direttamente in modo da avere in uscita 5V + 6.8V + 0.6V = 12.4V. Con questa modifica l'unica uscita veramente stabilizzata è la +12 mentre le altre avranno valori un po' sballati: nell'uscita +5 misuro 5.47V, nell'uscita -5 misuro -4.58V e nell'uscita -12 misuro -11.11V.

Ho quindi realizzato un alimentatore stabilizzato a 12V con almeno 10 Ampére di corrente di uscita.

E' possibile aumentare a piacimento il valore dell'uscita stabilizzata modificando lo zener? Non credo o almeno io non ci sono riuscito. Nell'alimentatore è presente un controllore di sovratensione (OVC) che spegne l'alimentatore se le tensioni sono troppo alte. Probabilmente bisogna escludere o modificare questo circuito. Sarà la prossima modifica...

Un discorso a parte va fatto per l'uscita +3.3 che è gestita da un regolatore indipendente e quindi mantiene la sua stabilizzazione indipendentemente dai lavori eseguiti.


Accessori

All'interno dell'alimentatore ATX è presente anche un normale stabilizzatore di tensione +5V usato per alimentare la scheda madre in stand-by. Ho utilizzato questa uscita (cavo viola connettore ATX) per alimentare un LED verde che si accende quando l'alimentatore ATX è alimentatore dalla tensione di rete (interrutore posteriore su ON).
Ho inoltre inserito un altro LED rosso che si accende quando l'alimentatore va in protezione. E' stato sufficiente controllare con un BJT la mancanza della tensione dell'uscita +5 in presenza della tensione di stand-by.


Realizzazione

Ho fatto un po' di foto dell'alimentatore finito. Nella prima foto si vede la schedina millefori in cui è saldato il circuito per il controllo dei due LED mentre nelle ultime tre è visibile la sistemazione delle uscite a diversa tensione: nel connettore ATX sono rimaste le uscite a bassa corrente (prevedo di non usarle) mentre le tre uscite ad alta corrente (+3.3, +5, +12) sono state inserite in altrettati mammut a modi morsetto.




Bibliografia fondamentale

Senza le seguenti fonti non sarei mai riuscito a mettere le mani su un alimentatore ATX:




Aggiornamento 20/11/2018
Ho realizzato un secondo alimentatore (questa volta stabilizzato variabile) partendo da un alimentatore ATX. Vai all'articolo.

Appunti sull'alternatore

In questo periodo stiamo mettendo mano al Lamborghini 654 e, dopo aver riparato il sistema di guida idrostatica abbiamo messo mano all'alternatore che, da tempo, non caricava più la batteria. La sostituizione del regolatore (scatoletta nera nella foto a sinistra) ha risolto tutti i problemi: ora la batteria viene caricata.

Con l'occasione ho voluto studiare il circuito dell'alternatore e in particolare del regolatore per capire come funziona.

Le considerazioni che seguono sono quindi frutto delle mie analisi e possono essere sbagliate od incomplete: è bene non prenderle come unico ed inconfutabile riferimento.

L'alternatore funziona seguendo la legge di Faraday - Lenz secondo la quale il campo magnetico rotante generato dal rotore induce negli avvolgimenti statorici un forza elettromotrice (leggi tensione) proporzionale ad esso e alla velocità di rotazione. Il campo magnetico del rotore dipende a sua volta dalla corrente di eccitazione che il regolatore fa circolare sull'avvolgimento rotorico. E' quindi possibile controllare la tensione di uscita dell'alternatore andando a modificare la corrente di eccitazione. Di seguito lo schema elettrico di un alternatore inserito nel circuito elettrico di un autoveicolo.

Nei tre avvolgimenti dello statore viene indotta una tensione alternata quasi sinusoidale che deve essere raddrizzata dal ponte di diodi a destra per poi essere inviata, tramite il contatto B+, alla batteria. Altri tre diodi raddrizzano la stessa tensione alternata sul contatto D+ a cui sono collegati il regolatore e la lampadina spia sul cruscotto.

Il regolatore viene alimentato dal contatto D+ e in base al valore della tensione di questo contatto modifica la tensione del contatto DF (immaginavo che F stia per "flottante" - "floating" in realtà un commentatore mi ha fatto notare che probabilmente F sta per "field" - "campo") modificando di conseguenza la corrente che circola sull'avvolgimento rotorico. Il contatto D- va collegato alla carcassa dell'alternatore a sua volta collegata al negativo della batteria.

Quindi ad alternatore fermo il regolatore viene alimentato dalla batteria attraverso la lampada spia che si accende. Appena l'alternatore inizia a girare e quindi a produrre energia elettrica, è l'alternatore ad alimentare il regolatore tramite i tre diodi collegati al contatto D+ e dunque la lampadina spia si spegne.

Il contatto W, non sempre presente negli alternatori, consente di prelevare un segnale alternato la cui frequenza è proporzionale ai giri dell'alternatore e quindi del motore. Questo segnale viene usato dai contagiri elettronici per mostrare i giri del motore dell'autoveicolo.

Con non poche difficoltà ho cercato di aprire il regolatore per scoprirne lo schema elettrico. Dentro la scatoletta di platisca nera era stata colata della resina per imprigionare tutti i componenti elettronici proteggendoli dagli agenti atmosferici e da sguardi indiscreti.


Armato di taglierino e tanta pazienza ho scoperto tutti i componenti riuscendo a scoprire, con qualche incertezza, lo schema elettrico (parziale) disegnato qui sotto.

Lo schema è parziale perché mancano i condensatori che ottimizzano stabilità e risposta in frequenza e non sono sicuro del tipo di transistor Q3 in quanto era impossibile leggere la sigla: se è un BJT dovrebbe trattarsi di un PNP, se è altro non saprei.
Q1 e Q2 sono in configurazione ad emettitore comune e variano il loro punto di lavoro in funzione del valore della tensione di uscita dell'alternatore. Q3 è in configurazione a collettore comune: si comporta come un inseguitore di tensione a meno delle zone di intervento dello Zener DZ2. Infatti, DZ2 impedisce che la tensione della spazzola DF salga troppo col rischio di ridurre troppo la corrente di eccitazione dell'alternatore andando a "spegnerlo" facendo riaccendere la lampadina spia durante il funzionamento.

ArchLinux per il mio PC

Ieri sera ho lasciato in sospeso il messaggio senza dichiarare quale distribuzione ho messo nel "nuovo" PC. Ora lo posso dire: ho messo ArchLinux.

Sul PC più lento della casa non è possibile mettere Ubuntu e da un paio di anni non è più possibile mettere nemmeno Xubuntu (l'ultima che installai fu la 6.10, ottobre 2006). Poi sono passato a Zenwalk, una derivata di Slackware che si presentava come distribuzione leggera e facile da usare. La versione 5.2 era ottima e molto più veloce di Xubuntu. Dalla 6.0 in avanti ho avuto solo problemi di configurazione a causa di bachi più o meno irrisolti. La mancanza di una valida comunità italiana di supporto mi ha fatto capire che dovevo guardarmi intorno. Per un giorno ho provato pure Debian Lenny 5.0 sempre con XFCE ma non mi è sembrata molto differente da Xubuntu e Zenwalk.

Poi mi è tornata in mente ArchLinux, una strana distribuzione che avevo già tentato di installare anni prima ma che mi aveva fatto subito desistere in quanto non sapevo come caricare il modulo della scheda ethernet per continuare l'installazione. Sono necessari due PC vicini per installare ArchLinux: uno è quello in cui avviene l'installazione e la configurazione, l'altro è quello con cui raggiungere il forum e il wiki dei portali dedicati ad ArchLinux. Consiglio, qualora si comprenda un po' di inglese, di utilizzare il portale in inglese in quanto risulta più aggiornato.
Sul loro sito dichiarano
ArchLinux: una distribuzione linux semplice e leggera
devo dire che in parte concordo ma il motto può trarre in inganno. L'installazione è semplice se non si hanno problemi di connessione ad internet. Per la configurazione è fondamentale avere accesso ad internet per raggiungere il wiki ma, grazie alla loro politica "keep it simple" sono pochi i file a cui dover mettere mano per configurare il proprio sistema a piacimento. Sulla leggerezza della distribuzione ho i miei dubbi: a parità di servizi e comodità penso che non sia più veloce di altre distribuzioni. La differenza sta nella configurazione iniziale: su Ubuntu è già abilitato tutto e quindi bisogna disabilitare; su ArchLinux non c'è nulla di abilitato e quindi bisogna aggiungerli man mano che ci si accorge di un bisogno.

Alla fine posso dire di aver incontrato difficoltà solo nella configurazione del server grafico Xorg e delle sessioni di XFCE (e qui ho capito che il portale inglese è più aggiornato e chiaro). In una decina d'ore ho configurato tutto il sistema a mio piacimento creando, come al solito un sistema operativo usabile anche da mio babbo.

Qui sotto un paio di screenshot di ArchLinux configurata a dovere:

"Nuovo" PC

Il mio vecchio PC dotato di uno scarsissimo AMD Duron 800MHz (64kB di cache), 512MB di RAM (133MHz) e scheda grafica Matrox G100 in sostituzione della prima NVidia GeForce2 esplosa mi ha stancato e con una spesa nulla è stato sostuito da un PC con Pentium III da 1GHz (256kB di cache), 512MB di RAM (133MHz), disco rigido da 80GB, masterizzatore DVD e scheda grafica integrata Intel 82815 da 32MB. Ho dovuto aggiungere la scheda di rete e rinunciare alla presa del joystick. 256kB di cache si sentono tanto nella prontezza del processore: motivo per evitare gli attuali Sempron e Celeron.
Non è PC di primo pelo ma per quello che devo fare io (stampare e scaricare roba da internet durante la notte) e per quello che deve fare mio babbo (navigare su internet e leggere la posta) va benissimo. Attualmente non ha noie hardware a parte la ventola della CPU rumorosissima nonostante una pulizia e una nuova lubrificazione.

Mezzo disco rigido è stato dedicato al classico Windows XP Home per il piacere della stampante e di mia sorella, mentre l'altra metà è dedicata a Linux per il mio piacere (ormai Windows mi mette a disagio) e per la sicurezza di mio babbo che non è molto esperto della navigazione web e non oso immaginare come potrebbe diventare un eventuale Windows nelle sue mani. Quale Linux? Nel prossimo articolo i dettagli di una travagliata scelta per chi come me si è abituato ad Ubuntu ma che, dopo tre giorni di lavoro, mi ha reso soddisfatto.

Seatec 2010: il giorno prima

Il giorno prima dell'inizio di una fiera si montano gli stand: ecco perché ieri ero nella zona fieristica di Carrara.

Si parte da Forlì alle 4:30 di mattina quindi sveglia alle 3:00, tanta acqua fredda sulla faccia per tentare, inutilmente, di svegliarsi. Forlì - Carrara in tre, su un Opel Movano 2800 (una specie di Ducato furgonato). Il posto centrale un incubo per le gambe, per fortuna che facciamo i turni. Fino a Parma è un dormiveglia aprendo gli occhi ogni tanto per capire, dai pochi cartelli visibili tra la nebbia, dove siamo (per fortuna non guidavo io). A Parma colazione ad un Autogrill e poi via sull'Autostrada della Cisa: una specie di E45 con l'asfalto in buone condizioni ma una marea di curve relativamente strette. Durante il viaggio si parla poco, quello che guida è impegnato e gli altri dormono. Gli unici discorsi parlano come al solito di felini: di quelli definiti i "Re della Savana" e di quelli che, nel famoso modo dire, non sono piacevoli se "attaccati ai maroni".

Alle 7.45 siamo davanti alla fiera di Carrara... che palle apre alle 8:00. Scarichiamo tutto dal camion e si iniziano a montare i due stand. Io mi occupo di uno stand di un'altra ditta dove uno dei montatori ha una faccia nota. Ha fatto l'ITIS a Cesena, è della Calabrina, sta a 2km da casa mia: ma guarda se ci dovevamo incontrare a 300km da casa. Monto la mia parte di stand e in poco tempo me la cavo grazie alla loro collaborazione. Giusto un attimo di panico generale quando penso, per esperienza acquisita nella scorsa settimana, che si sia bruciato tutto. In quel momento arrivano i dirigenti dell'azienda che gestisce lo stand, di quella gente che ricordano i felini: son buoni solo a prendere le carezze e scompaiono appena c'è da impegnarsi. Per fortuna ce l'hanno solo coi loro montatori. Poi alla fine si scopre che era un problema loro e tutto si risolve. Per fortuna il materiale di una ditta che si legge come una fiera di Carrara non mi ha lasciato a piedi.

Pranzo rapido al barettino: un bicchiere d'acqua e un panino con la mortadella e poi si riprende subito a montare l'altro stand dove i miei colleghi sono ancora piuttosto indietro: il falegname guidato dall'architetto, il fabbro guidato dall'architetto e l'architetto guidato da un felino hanno toppato alla grande: lo stand si monta solo grazie ad una serie bestemmie anziché con delle semplici viti come previsto. Bisogna creare nuovi fori. Abbiamo il trapano ma non le punte: le chiedo a quello della Calabrina che ce le presta: solidarietà di quartiere... Poi ci mancano pure le fascette... altro giro tra gli altri stand ad elemosinare qualche fascetta. Figura da barboni.

Alle 17:30 ripartiamo soddisfatti del lavoro. Non c'è più la nebbia ma c'è più traffico. Il Movano da scarico sembra quasi un mezzo normale tranne per la seduta centrale che continua a non avere spazio per le gambe. Anche questa volta si parla di felini ma per fortuna si parla di quelli che non scocciano: parliamo di Plous, della Patty e di quelli dei miei colleghi incluso il cane di Michele. Alle 20:20 siamo a Forlì stupiti che il Movano abbia resistito nonostante gli insidiosi rumori che emetteva ad ogni curva.